Fondatore della moderna letteratura russa, stilista supremo, Alexander S. Puskin (1799-1837) è noto per capolavori come Evgenij Oneghin, Boris Gudonov, La figlia del capitano e una produzione che tocca quasi tutti i generi letterari, dal teatro al racconto, dalla poesia alla prosa critica. Le fiabe sono forse la parte meno nota dell’attività del grande scrittore russo, anche se ormai da tempo ampiamente rivalutata dai critici.
La fiaba è per Puskin un momento di riflessione sulla tradizione del folclore russo, sul patrimonio orale che cominciava a essere raccolto dai letterati del suo Paese. Lo stesso scrittore aveva ascoltato nell’infanzia dalla bocca della njanja,la tata, i racconti fantastici di uomini e animali che risalivano a tempi remoti.
Ad attrarre Puskin ci sono anche ragioni morali: la vittoria del bene sul male che è il coronamento di ogni fiaba, risponde a un personale desiderio di verità e di giustizia, anche in polemica con la società del proprio tempo: in Russia era ancora in vigore la servitù della gleba.
Prevalgono però i temi poetici rispetto a quelli politici; si avverte ad esempio una grande sensibilità al paesaggio russo - la steppa infinita, le città ricche di palazzi luccicanti - ma in generale è l’attenzione al dettaglio che distingue il grande scrittore da tutti gli altri.
La fiaba più celebre, quella che dà il nome alla raccolta, Il gallo d’oro, risale, come ha scoperto la grande poetessa russa del XX secolo Anna Achmatova, a una fonte araba, La leggenda dell’astrologo. La Achmatova ne ha offerto anche una persuasiva chiave di lettura: l’astrologo con cui il re non mantiene la parola data, non sarebbe altri che Puskin, al qual lo zar Nicola I, nel colloquio del 9 settembre 1826, impose, contro le aspettative dello scrittore, una censura ancor più ferrea.
Le fiabe, scritte originariamente in versi, sono qui presentate nella versione in prosa di Mary Tibaldi Chiesa e illustrate con sensibilità di grande artista da Vselovode Nicouline.