Urbanistica

4 risultati trovati

    • Paul Knox   

      Atlante delle città

      Oltre la metà della popolazione mondiale vive oggi nelle città e si prevede che entro il 2050 questa quota crescerà fino a raggiungere i tre quarti. L’urbanizzazione è un fenomeno globale, ma il modo in cui le città si stanno sviluppando, l’esperienza della vita urbana e le prospettive future cambiano profondamente da regione a regione. Questo atlante offre una tassonomia unica delle città, che guarda ai diversi aspetti della loro struttura fisica, economica, sociale e politica, alle loro interazioni reciproche e con i rispettivi hinterland, alle sfide e alle opportunità che esse presentano, nonché alle direzioni che potrebbero prendere in futuro. Ogni capitolo indaga un particolare tipo di città: dall’antica Grecia all’impero romano, dalle città della lega anseatica alle odierne smart cities, passando per la riprogettazione haussmanniana di Parigi e l’industrializzazione di Manchester. Esperti dei rispettivi campi indagano il modo in cui nello sviluppo di queste città si riflettono uno o più dei temi comuni alla crescita urbana: la funzione dinamizzante (trasporti, comunicazioni e infrastrutture), la funzione generativa (innovazione e tecnologia), la capacità decisionale (politica, economia e istituzioni) e la capacità trasformativa (società, stili di vita e cultura). Corredato da eccezionali infografiche, mappe, diagrammi, tabelle e fotografie, l’Atlante delle città rappresenta un’esaustiva visione d’insieme del panorama urbano del XXI secolo.

    • Ezio Bonfanti    Marco Porta   

      Città, museo e architettura

      Il Gruppo BBPR nella cultura architettonica italiana 1932-1970

      Questo libro, scritto tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta del secolo scorso, è stato pubblicato nel 1973, appena dopo la scomparsa di Ezio Bonfanti, uno dei suoi due autori.
      Commissionato come una monografia sullo studio BBPR degli architetti Banfi (1910-1945), Belgiojoso (1909-2004), Peressuti (1908-1976), Rogers (1909-1969) - straordinarie figure emergenti nella cultura architettonica, non solo italiana, del ’900 - per la volontà e la capacità dei suoi autori si è trasformato in un testo che osserva la cronaca dell’architettura del ’900 nello specchio del lavoro dei BBPR. Un lavoro esemplare ed eccezionale che, iniziato nel 1932, ha registrato e trascritto il variare delle stagioni culturali nel nostro paese, e che è stato letto da Bonfanti e da Porta alla luce della crisi di valori degli anni ’60.
      Oggi si può dire che questo libro rappresenta contemporaneamente una lettura critica dell’architettura dei BBPR, una riflessione sull’architettura italiana alla fine del fascismo e negli anni della rinascita del paese, una immagine in trasparenza di ciò che nell’ambiente milanese furono gli anni a cavallo tra i Sessanta e i Settanta. Un periodo cruciale per l’Italia, dal quale derivarono nuove potenzialità ma anche confusioni che nei riguardi di altre culture europee ancora contribuiscono in parte a nasconderci la modernità.
      Scritto da autori il cui tratto fondamentale fu il distacco critico da atteggiamenti che Bonfanti definiva come “ideologia dell’abdicazione”, il libro non ebbe né l’accoglienza né la diffusione che avrebbe meritato.
      Ma proprio dai valori di indipendenza e di libertà portati avanti dai due giovani autori derivano l’attualità e la vitalità di questo testo. Si è dovuta attendere la generazione successiva per trovare studiosi che indicassero ai contemporanei le posizioni qui espresse come una chance su cui contare. E nel centenario della nascita di Ernesto Rogers e di Lodovico Barbiano di Belgiojoso (per Enrico Peressutti è stato il 2008, per Gian Luigi Banfi sarà il 2010), si è voluto riproporre la lezione dei BBPR, come contributo all’utilizzo pieno di questa chance. Il senso è quello di far riflettere sul ruolo degli architetti nella società italiana, sul significato dell’architettura moderna, sulle responsabilità culturali degli anni in cui questo libro fu scritto.
    • Giuseppe De Finetti   

      Milano

      Costruzione di una città

      Lo studio della città futura è l’intento e la ragion d’essere di questa rassegna. Le stesse parole, con le quali Giuseppe de Finetti (1892-1952) presenta La città, una rivista di “architettura e politica”, da lui diretta e in gran parte scritta nel 1945-46, ben esprimono il significato di Milano - Costruzione di una città, un vero e proprio trattato di architettura e urbanistica moderna, al quale si dedica a partire dal 1943. Concepito come personale contributo critico alla ricostruzione della città distrutta dai bombardamenti, l’autore si ispira “al sacrificio degli eroi... che col loro martirio hanno salvato la città come cosa spirituale ed eterna”.
      Sebbene la stesura non sia mai stata completata da de Finetti, quest’opera costituisce il fondamento dell’attività critica esercitata su quotidiani e periodici o nelle istituzioni cittadine nelle quali era impegnato.
      L’impianto originario del volume Milano risorge viene ripreso nel 1969 da Giovanni Cislaghi, Mara De Benedetti e Piergiorgio Marabelli che ne integrano i capitoli mancanti o solo abbozzati, facendo ricorso all’insieme degli scritti e dei progetti elaborati da de Finetti sui diversi temi. Esce così presso l’editore Etas Kompass Milano - Costruzione di una città, espressione di una delle personalità più vive dell’architettura moderna italiana, che si pone come contributo generale all’analisi e alla progettazione della città e dei suoi elementi architettonici. Hoepli (l’editore previsto nel ’45) lo ristampa oggi con una prefazione di Guido Canella.
      Il libro è strutturato in quattro parti. Nelle prime due l’autore individua i “Difetti della Milano moderna” attraverso lo studio del processo di formazione e i caratteri della “Forma urbis” sulla base dei piani regolatori. La terza parte analizza “La città come ente politico ed economico”, mentre la quarta affronta progettualmente “La città sulla via delle genti”, esprimendo in modi nuovi e geniali la sua ragione d’essere originaria. “Assunto di questo libro è quello di collegare tra loro documenti e pensieri critici inerenti alla storia della città come organismo, come entità concreta, come compagine di abitazioni, officine, mercati, servizi, non di tracciarne la cronistoria”. Si tratta in realtà di comprendere come “l’ordine che la città assume nelle sue varie età è determinato da una somma di fattori materiali e spirituali”, individuandone “l’intima natura”, “la struttura e le ragioni” in vista di una possibile trasformazione.
      Infatti, “le critiche a situazioni del presente o si fissano ed esauriscono in dissensi e negazioni o superano questo stadio e giungono a formularsi in propositi metodici, in programmi, in piani”. Esiste un rapporto di stretta continuità fra parti analitiche e parti progettuali e solo nel processo di progettazione è possibile raggiungere la vera conoscenza della realtà urbana.
      Nella sua unitarietà, il libro rappresenta ancora oggi un contributo fondamentale alla conoscenza di Milano e alla definizione di specifiche metodologie di ricerca analitica e progettuale. Nell’insieme delle proposte elaborate per l’intera città, per alcune sue parti o per singole architetture, si può cogliere una precisa idea di città e una serie concreta e articolata di ipotesi per Milano e il suo territorio.
      Giuseppe de Finetti (1892-1952) rappresenta una delle personalità centrali della cultura architettonica italiana moderna. Allievo di Adolf Loos, la sua posizione culturale da un lato affonda le radici in un contesto europeo, mentre dall’altro si riallaccia alla tradizione del riformismo lombardo.
      Nella sua complessa personalità de Finetti ha rappresentato una isolata voce critica all’interno della vita culturale e politica italiana durante il fascismo e il periodo della ricostruzione. Il suo dissenso si esprime in una linea morale intransigente e in un’innovativa concezione della città fondata su un metodo esemplare di studio e di progettazione, che in questa pubblicazione trovano piena espressione.
    • Siegfried Giedion   

      Spazio, Tempo ed Architettura

      Lo sviluppo di una nuova tradizione

      Pubblicato negli USA nel 1941, Space, Time and Architecture fu tradotto da Hoepli per la prima volta nel 1953 e ristampato nel 1965 in nuova versione notevolmente aumentata a cura dell’autore. Il volume è uno dei grandi classici nella storia dell’architettura e conserva ancora oggi moltissimi spunti d’interesse. l’approccio metodologico è fortemente innovativo: per l’autore l’architettura è lo strumento di interpretazione di un periodo storico. Da qui, ad esempio, l’interesse per la cultura materiale o il rapporto tra architettura e natura. L’approccio di Giedion è comparatista, forse anche per la sua formazione a metà tra storia dell’arte e ingegneria, e mette così in relazione l’architettura con lo sviluppo tecnologico e artistico, soprattutto a partire dalla Rivoluzione industriale. L’uso del ferro, della ghisa, dell’acciaio cambia non solo il modo di costruire, ma di vivere. Così come l’urbanistica non è solo la pianificazione territoriale ma il principale strumento di controllo di una società in rapida evoluzione. Il libro può anche essere letto come una storia del Movimento moderno, dai pionieri (Eiffel, Sullivan) sino alle opere mature dei suoi protagonisti (Gropius, Wright, Le Corbusier, Aalto), che Giedion, oltre a conoscere personalmente, mette in relazione con i coevi movimenti artistici come il Futurismo o il Cubismo.