Lo hanno definito un genio, un tiranno, un leader carismatico. Ma più spesso, molto più spesso, Steve Jobs è stato descritto come un mago: per gli ammiratori, un creatore di realtà che nessuno aveva visto prima; per i critici, un prestigiatore che tira sempre fuori dal cilindro la sua nuova sorpresa. Perché un visionario è sempre una persona che pensa diversamente e che, dunque, suscita reazioni contrastanti. ... Chi lo conosce bene, come Jay Elliot, antico collaboratore di Jobs e autore della magnifica biografia che in questo momento state cominciando a leggere, non esita a definirlo “un artista”. Ed è difficile non comprendere che in questa definizione c’è qualcosa di molto vero: guardando i suoi prodotti, gli ammiratori non vedono strumenti elettronici, ma rivelazioni, capaci di far scoprire nuovi mondi di senso, capaci di spostare il limite del possibile dal punto di vista tecnologico e nello stesso tempo di gratificare chi li usa in modo più estetico che funzionale. ... Lui, Jobs, non si è raccontato se non attraverso le sue opere e in esse ha proiettato la sua passione, visione ed esperienza: come un artista, come un esaltato, come un creatore, senza alcuna distanza tra la sua esistenza e ciò che ne ha fatto. ... Al centro della sua carriera, ancor più che i prodotti o i clienti, sta una ricerca continua, incessante, appassionata, di qualcosa da amare. Una ricerca perseguita con un rigore senza paragoni. ... Quando un imprenditore coltiva la sua azienda come un artista lavora alla sua opera, quando vede quello che la sua azienda può creare e trascina tutti a realizzarlo, allora il leader non è un capo: è un maestro di vita che conduce tutti a fare qualcosa di grande. In quel caso, non c’è differenza tra economia e cultura. E l’innovazione non è l’insieme delle novità: ma la costruzione del futuro.